Una storia drammatica e assurda. Una metamorfosi iraniana è il graphic novel dell'iraniano Mana Neyestani, fumettista e illustratore engagé che ha pagato caro il potere della matita sulla carta e la manipolazione di cui la comunicazione può essere oggetto. E' il 2006, tutto nasce da una vignetta satirica sbagliata in cui uno scarafaggio che viene schiacciato da un bambino pronuncia la parola namana ("cosa?") della lingua azeri, parlata dall'omonimo gruppo etnico residente in Iran ma geloso della sua identità turca. Non c'è alcun intento offensivo nell'immagine perché, racconta l'autore, namana viene usato anche in lingua farsi, "in conversazioni informali". Ma gli azeri non la prendono bene, scendono in piazza e le loro proteste vengono represse dal regime iraniano nel sangue. Ben presto Neyestani diventa il capro espiatorio della vicenda e si passa alla reclusione dell'autore in carcere. Dopo 3 mesi Neyestani ottiene la libertà provvisoria e comincia la sua odissea come esule politico fino all'approdo in Europa, in Francia, assieme alla sua famiglia. "Normalmente anche nei paesi liberi, le autorità non sono fan delle vignette e dei loro autori. Queste spesso criticano la grandeur dell'autorità e in un paese come l'Iran si è impiegato molto per creare questa grandeur" spiega Mana Neyestani nell'intervista pubblicata martedì 11 novembre sul Manifesto. "Ho narrato le cose accadute a me che erano kafkiane di per sé! Era profondamente stupido e tragico al tempo stesso. C’era una vittima, io, catturata da un sistema caotico e totalitario disperatamente in difficoltà più o meno come ne Il Processo di Kafka".
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