martedì 17 luglio 2012

Noi non andremo a vedere Auschwitz: intervista a Jérémie Dres


Noi non andremo a vedere Auschwitz è il graphic novel del poliedrico artista Jérémie Dres, di cui avevamo già parlato in un post qualche tempo fa.
Sul sito francese www.actuabd.com è apparsa un'intervista che Jérémie ha rilasciato nell'ottobre dell'anno scorso e di cui vi riportiamo qualche stralcio. 

Qual è la genesi di questo libro?

Ci sono due ragioni che mi hanno portato a realizzare questo progetto: la prima, è la morte di mia nonna e la volontà di ritrovare il suo universo, la sua cultura di cui lei tanto mi parlava e in cui è cresciuta; la seconda è un articolo di Olivier Guez che ho letto su Le Monde Magazine riguardante il risveglio degli ebrei di Polonia.
Quando ho visto questo articolo mi sono molto sorpreso, perché la mia famiglia mi aveva sempre raccontato che non c'erano più ebrei in Polonia, che tutti erano morti o partiti. Questo mi ha dato la voglia di andarci.

La nonna di Jérémie, Tema, sua madre Chana e sua sorella Sore

E' il tuo primo fumetto. Hai studiato per realizzarlo?
Sì, ma è prima di tutto una passione visto che disegno da quando ho 10 anni. Mi entusiasmavo per i fumetti più classici come Thorgal o Blueberry...

Poi mi sono messo a studiare con il progetto di uscire un giorno o l'altro con un fumetto. Ho studiato arte, un breve periodo alla Duperré1 poi tre anni di arti decorative a Strasburgo. Alla fine i miei studi mi hanno orientato verso l'arte numerica, le installazioni, un campo che esploro da oramai tre anni con, in parallelo, sempre questa volontà di fare fumetti.
Alla Duperré ho cominciato a sviluppare una scrittura vicina all'autobiografia romanzata e al quotidiano. Oggi c'è tutto un genere di fumetti dedicato a questo, in particolare di autrici. Avevo cominciato con questo stile, poi l'ho lasciato perdere. L'ho ripreso in seguito, quando mi è venuta l'idea di associare i miei due principali ambiti di interesse: la biografia romanzata e la geopolitica. Questo ha aggiunto una certa ricchezza alla storia.

E per questa ragione sei andato a fare ricerche in Polonia. Eri preparato?
Mi sono rivolto a Olivier Guez affinchè mi desse qualche contatto sul posto. Avevo previsto che la fine del nostro viaggio avrebbe coinciso con il Festival della Cultura Ebraica di Cracovia. Immaginavo che avremmo fatto inizialmente incontri e ricerche e che alla fine avremmo potuto misurare il rinnovamento di questa cultura grazie al festival. I contatti sul posto ci hanno portato ad altri contatti e abbiamo avuto circa due o tre appuntamenti al giorno per una settimana con persone più o meno disponibili.

Che tipo di persone?
Abbiamo avuto modo di incontrare persone abbastanza differenti le une dalle altre, che ci hanno permesso di costruire un caleidoscopio verosimile della vita ebraica in Polonia: giovani ebrei impegnati, persone che hanno vissuto e sofferto sotto il comunismo,... Questo attraverso l'associazione socioculturale TSZK creata alla fine della guerra (un'associazione laica) per mettere le cose in prospettiva. Si tratta di un associazione che comprende laici, ma anche religiosi, ortodossi e progressisti, come pure persone che compiono ricerche d'archivio. Un sacco di gente, illuminata o meno, che coltiva e preserva alla sua maniera il ricco patrimonio degli ebrei di Polonia.
 
Ci sono momenti di vera paranoia. In fin dei conti sono i polacchi stessi degli antisemiti?
Ah, ah, non cadrò nella tua trappola! E' una questione delicata. Io e mio fratello siamo rimasti positivamente sorpresi poiché siamo partiti con molti pregiudizi, il famoso “non fidarti dei polacchi”, per tutte le ragioni legate ai pogrom del dopoguerra2, alla restituzione dei beni, eccetera.
La storia dei rapporti tra ebrei e polacchi è piuttosto complicata. In ogni caso i nostri pregiudizi sono crollati dopo il viaggio. In effetti, ci è capitato di avere paura, e molta, nelle campagne polacche, ma abbiamo capito che questa paura era ingiustificata. Non ci siamo mai trovati di fronte all'antisemitismo. Abbiamo scoperto questo episodio, poco conosciuto, del marzo '68 in Polonia di questo antisemitismo di stato di cui parlo nel libro. Dopo la Guerra dei sei giorni in cui gli egiziani vennero sconfitti dagli israeliani (l'Egitto era alleato dell'U.R.S.S., a cui era sottomesso il governo comunista polacco), fu condotta una violenta campagna antisemita a seguito delle agitazioni provenienti dalla gioventù polacca. Il governo giocò la carta dell'antisionismo, gli ebrei presenti sul suolo polacco furono considerati come spie di Israele. E' così che la maggioranza degli ebrei vennero privati della loro nazionalità e perdettero il lavoro. Alcuni ritornarono dopo la caduta del muro per diverse ragioni. Sono soprattutto queste le persone che ho incontrato presso associazione TSKZ, ma anche a Parigi: Anna Rabczynska, per esempio.
Il governo polacco sostiene che ci sia dell'ambiguità in proposito?
Non più. Il defunto presidente Kazcinsky ha preso delle iniziative per permettere agli ebrei del marzo 68 di recuperare la loro nazionalità con più facilità. Questi ebrei in genere non vogliono tornare in Polonia, immagino, ma ad oggi ci sono, secondo le istituzioni ebraiche di Varsavia. Il governo sovvenziona l'associazione TSKZ e la comunità ebraica locale.
[...]

La tematica ebraica nel fumetto, presente oggi con autori come Will Eisner, Art Spiegelman, Ben Katchor o Joann Sfar, vi sembra un soggetto vero e proprio, sufficientemente universale?
Certamente, perché al di là della tematica ebraica, ci sono dei temi universali utilizzati da tutti questi autori, che permettono di parlare a tutti. E' chiaro che i loro libri incontrano un successo universale ben al di là della comunità. La diversità, la storia, lo sterminio, ...tutte queste tematiche hanno un'eco in tutti.

Infine, perché non sei andato a vedere Auschwitz?
Non ci sono andato perché è la cosa più normale che un ebreo possa fare, andando laggiù: andare a Auschwitz. Ma io volevo ritrovare la vita, la vita prima dell'Olocausto attraverso le sue tracce: sinagoghe, edifici, parti del muro, archivi familiari, tombe... e osservare allo stesso tempo la vita di tutti i giorni. Il passaggio ad Auschwitz avrebbe snaturato il nostro viaggio. Ho intenzione di andarci un giorno, ma in quel caso è probabile che sarà la sola destinazione del mio soggiorno...
 [...]

Intervista di Didier Pasamonik

1Scuola superiore di arti applicate a Parigi (ndr)
2Il 4 luglio 1946, 40 ebrei sopravvissuti della Shoah e due cristiani di passaggio a Kielce sono stati massacrati dalla popolazione, si vocifera per un sacrificio rituale, senza che la polizia intervenisse. Questo evento ha scatenato un'ondata di emigrazione di ebrei polacchi.






1 commento:

  1. Il 16 gennaio all'Istituto di Storia Ebraica di Varsavia si è tenuta la presentazione dell'edizione polacca:http://lemanintesta.wordpress.com/

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