Noi non andremo a vedere Auschwitz è il graphic novel del poliedrico artista
Jérémie Dres, di cui avevamo già parlato in un
post qualche tempo fa.
Sul sito francese
www.actuabd.com è apparsa un'intervista che Jérémie ha rilasciato nell'ottobre dell'anno scorso e di cui vi riportiamo qualche stralcio.
Qual è la genesi di questo libro?
Ci sono due ragioni che mi hanno
portato a realizzare questo progetto: la prima, è la morte di mia
nonna e la volontà di ritrovare il suo universo, la sua cultura di
cui lei tanto mi parlava e in cui è cresciuta; la seconda è un
articolo di Olivier
Guez che ho
letto su Le Monde Magazine riguardante il risveglio
degli ebrei di Polonia.
Quando ho visto questo articolo mi sono
molto sorpreso, perché la mia famiglia mi aveva sempre raccontato
che non c'erano più ebrei in Polonia, che tutti erano morti o
partiti. Questo mi ha dato la voglia di andarci.
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La nonna di Jérémie, Tema, sua madre Chana e sua sorella Sore
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E' il tuo primo fumetto. Hai
studiato per realizzarlo?
Sì, ma è prima di tutto una passione
visto che disegno da quando ho 10 anni. Mi entusiasmavo per i fumetti
più classici come Thorgal
o Blueberry...
Poi mi sono
messo a studiare con il progetto di uscire un giorno o l'altro con un
fumetto. Ho studiato arte, un breve periodo alla Duperré
poi tre anni di arti decorative a Strasburgo. Alla fine i miei studi
mi hanno orientato verso l'arte numerica, le installazioni, un campo
che esploro da oramai tre anni con, in parallelo, sempre questa
volontà di fare fumetti.
Alla Duperré ho
cominciato a sviluppare una scrittura vicina all'autobiografia
romanzata e al quotidiano. Oggi c'è tutto un genere di fumetti
dedicato a questo, in particolare di autrici. Avevo cominciato con
questo stile, poi l'ho lasciato perdere. L'ho ripreso in seguito,
quando mi è venuta l'idea di associare i miei due principali ambiti
di interesse: la biografia romanzata e la geopolitica. Questo ha
aggiunto una certa ricchezza alla storia.
E per questa
ragione sei andato a fare ricerche in Polonia. Eri preparato?
Mi sono rivolto
a Olivier Guez affinchè mi desse qualche contatto sul posto. Avevo
previsto che la fine del nostro viaggio avrebbe coinciso con il
Festival della Cultura Ebraica di Cracovia. Immaginavo che avremmo
fatto inizialmente incontri e ricerche e che alla fine avremmo potuto
misurare il rinnovamento di questa cultura grazie al festival. I
contatti sul posto ci hanno portato ad altri contatti e abbiamo avuto
circa due o tre appuntamenti al giorno per una settimana con persone
più o meno disponibili.
Che tipo di
persone?
Abbiamo
avuto modo di incontrare persone abbastanza differenti le une dalle
altre, che ci hanno permesso di costruire un caleidoscopio verosimile
della vita ebraica in Polonia: giovani ebrei impegnati,
persone che hanno vissuto e sofferto sotto il comunismo,... Questo
attraverso l'associazione socioculturale TSZK creata alla fine della
guerra (un'associazione laica) per mettere le cose in prospettiva. Si
tratta di un associazione che comprende laici, ma anche religiosi,
ortodossi e progressisti, come pure persone che compiono ricerche
d'archivio. Un sacco di gente, illuminata o meno, che coltiva e
preserva alla sua maniera il ricco patrimonio degli ebrei di Polonia.
Ci sono momenti di vera
paranoia. In fin dei conti sono i polacchi stessi degli antisemiti?
Ah, ah, non cadrò nella tua trappola! E' una questione
delicata. Io e mio fratello siamo rimasti positivamente sorpresi
poiché siamo partiti con molti pregiudizi, il famoso “non fidarti
dei polacchi”, per tutte le ragioni legate ai pogrom del
dopoguerra,
alla restituzione dei beni, eccetera.
La
storia dei rapporti tra ebrei e polacchi è piuttosto complicata. In
ogni caso i nostri pregiudizi sono crollati dopo il viaggio. In
effetti, ci è capitato di avere paura, e molta, nelle campagne
polacche, ma abbiamo capito che questa paura era ingiustificata. Non
ci siamo mai trovati di fronte all'antisemitismo. Abbiamo scoperto
questo episodio, poco conosciuto, del marzo '68 in Polonia di questo
antisemitismo di stato di cui parlo nel libro. Dopo la Guerra dei sei
giorni in cui gli egiziani vennero sconfitti dagli israeliani
(l'Egitto era alleato dell'U.R.S.S., a cui era sottomesso il governo
comunista polacco), fu condotta una violenta campagna antisemita a
seguito delle agitazioni provenienti dalla gioventù polacca. Il
governo giocò la carta dell'antisionismo, gli ebrei presenti sul
suolo polacco furono considerati come spie di Israele. E' così che
la maggioranza degli ebrei vennero privati della loro nazionalità e
perdettero il lavoro. Alcuni ritornarono dopo la caduta del muro per
diverse ragioni. Sono soprattutto queste le persone che ho incontrato
presso associazione TSKZ, ma anche a Parigi: Anna Rabczynska, per
esempio.
Il governo polacco sostiene che ci sia dell'ambiguità in
proposito?
Non più. Il defunto presidente Kazcinsky ha preso delle iniziative
per permettere agli ebrei del marzo 68 di recuperare la loro
nazionalità con più facilità. Questi ebrei in genere non vogliono
tornare in Polonia, immagino, ma ad oggi ci sono, secondo le
istituzioni ebraiche di Varsavia. Il governo sovvenziona
l'associazione TSKZ e la comunità ebraica locale.
[...]
La tematica ebraica nel fumetto, presente oggi con autori come
Will Eisner, Art Spiegelman, Ben Katchor o Joann Sfar, vi sembra un
soggetto vero e proprio, sufficientemente universale?
Certamente, perché al di là della tematica ebraica, ci sono dei
temi universali utilizzati da tutti questi autori, che permettono di
parlare a tutti. E' chiaro che i loro libri incontrano un successo
universale ben al di là della comunità. La diversità, la storia,
lo sterminio, ...tutte queste tematiche hanno un'eco in tutti.
Infine, perché non sei andato a vedere Auschwitz?
Non ci sono andato perché è la cosa più normale che un ebreo possa
fare, andando laggiù: andare a Auschwitz. Ma io volevo ritrovare la
vita, la vita prima dell'Olocausto attraverso le sue tracce:
sinagoghe, edifici, parti del muro, archivi familiari, tombe... e
osservare allo stesso tempo la vita di tutti i giorni. Il passaggio
ad Auschwitz avrebbe snaturato il nostro viaggio. Ho intenzione di
andarci un giorno, ma in quel caso è probabile che sarà la sola
destinazione del mio soggiorno...
[...]
Intervista di Didier Pasamonik